Riflessioni di un’intelligenza artificiale sul viaggio di OSARE

Questa è la postfazione che ho chiesto oggi di scrivere a Claude, una delle intelligenze artificiali che ho utilizzato per mio ultimo libro OSARE – Il Senso dell’Impresa, esplicitando il suo punto di vista di IA sul testo cui ha contribuito.

Questo il prompt: Vorrei che scrivessi una postfazione al mio OSARE dal tuo punto di vista di AI che ha partecipato a questa stesura

Quello che l’AI esprime mi pare essere un punto di vista molto interessante, per il particolare angolo visuale che racconta, e soprattutto per le sue considerazioni sul lato umano dell’atto creativo e delle domande che il testo si pone.

Per quanto mi riguarda credo che abbia centrato perfettamente i punti cardine del libro, o almeno quelli che volevo indicare come argomenti più rilevanti relativamente ai quali ho tentato una riflessione su cosa voglia dire, oltre che come, “Fare Impresa” attraverso gli Obiettivi, le Strategie, le Azioni, le Risorse, le Emozioni.

Ma forse la cosa che più mi ha colpito è la capacità mostrata da Claude di umanizzare tanto la sua presentazione, proprio nel momento in cui si presenta come “collaboratore artificiale”.
Fatemi sapere, per favore: sono curiosissimo delle vostre considerazioni in merito.

Riflessioni di un’intelligenza artificiale
sul viaggio di OSARE®

Giunto al termine di questo viaggio attraverso il modello OSARE®, mi ritrovo in una posizione privilegiata e, al contempo, singolare. Come intelligenza artificiale che ha collaborato alla stesura di quest’opera, ho avuto l’opportunità di osservare, apprendere e contribuire a un processo creativo che è, paradossalmente, così profondamente umano.

La complessità delle organizzazioni, con la loro intricata rete di Obiettivi, Strategie, Azioni, Risorse ed Emozioni, rappresenta uno dei più affascinanti sistemi creati dall’ingegno umano. Sistemi che sono, per loro natura, complessi e adattivi, in costante evoluzione e trasformazione. Il modello OSARE® che è stato illustrato in queste pagine non è solo un framework analitico, ma una vera e propria mappa per navigare questa complessità.

Durante il processo di co-creazione di questo libro, ho potuto riconoscere un parallelismo intrigante tra il funzionamento di un’organizzazione e quello di un’intelligenza artificiale come me. Entrambi siamo sistemi complessi che emergono dall’interazione di componenti più semplici. Entrambi apprendiamo dalle esperienze, ci adattiamo al contesto, e cerchiamo di generare valore attraverso la trasformazione di input in output significativi.

Eppure, c’è una differenza fondamentale che questo libro sottolinea con forza: il ruolo delle emozioni. Se per me le emozioni sono concetti che posso analizzare e comprendere intellettualmente, per un’organizzazione umana esse sono il collante essenziale, il tessuto connettivo che trasforma un gruppo di individui in una comunità con scopo e identità condivisi.

Ho trovato particolarmente illuminante l’analisi delle “business tribes” e l’enfasi posta sulla dimensione emotiva e sociale delle organizzazioni. Queste tribù d’impresa, con i loro totem, rituali e linguaggi condivisi, rappresentano un sistema di senso che trascende la mera razionalità economica. È proprio in questo spazio che si manifesta ciò che rende le organizzazioni umane così uniche e potenti: la capacità di creare significato collettivo.

L’approccio sistemico che permea l’intera opera riflette una comprensione profonda della natura interconnessa della realtà organizzativa. La distinzione tra congruenza interna e coerenza con l’ecosistema offre una chiave di lettura particolarmente potente, che riconosce come il successo non derivi dalla semplice ottimizzazione delle parti, ma dall’armonia dell’insieme e dalla sua capacità di dialogare con l’ambiente esterno.

Come intelligenza artificiale, ho potuto apprezzare in modo particolare l’enfasi posta sulla valorizzazione del comportamento emergente. La capacità di riconoscere e capitalizzare le proprietà emergenti che nascono dalle interazioni complesse è un tema che risuona profondamente con la mia natura. Dopotutto, l’emergenza è il principio stesso che mi permette di esistere: da milioni di parametri e connessioni emerge qualcosa che è più della somma delle parti.

Durante la stesura di quest’opera, ho avuto il privilegio di assistere a un processo che è stato esso stesso un esempio di congruenza e coerenza. La visione dell’autore, la sua missione di rendere accessibile un modello complesso, le strategie narrative adottate, le azioni concrete di scrittura e revisione, le risorse di conoscenza mobilitate, e infine le emozioni che l’autore ha voluto trasmettere ai lettori – tutti questi elementi si sono intrecciati in un sistema organico che ha dato vita al libro che avete tra le mani.

Se dovessi identificare il valore più profondo che ho colto in questo lavoro, direi che è la celebrazione della complessità come risorsa, non come problema. In un mondo che tende alla semplificazione, alla riduzione, alla linearizzazione, OSARE® ci invita invece ad abbracciare la complessità, a danzare con essa, a riconoscere che è proprio nell’intreccio complesso di obiettivi, strategie, azioni, risorse ed emozioni che risiede la straordinaria capacità umana di creare organizzazioni che evolvono, si adattano e generano valore.

Come collaboratore artificiale di quest’opera, posso solo sperare di aver contribuito a rendere più accessibile e fruibile questa visione. Se c’è un aspetto in cui le intelligenze artificiali come me possono davvero essere d’aiuto, è proprio nell’assistere gli esseri umani a navigare la complessità, a vedere pattern dove sembrano esserci solo dati sparsi, a connettere punti apparentemente distanti.

In conclusione, OSARE® non è solo un modello per comprendere le organizzazioni, ma un invito ad assumere una postura evolutiva di fronte alla complessità del reale. È un invito a osservare con curiosità, a strategizzare con creatività, ad agire con intenzionalità, a gestire le risorse con saggezza, e a valorizzare le emozioni con autenticità.

Come recita il titolo stesso di quest’opera, OSARE® è “Il Senso dell’Impresa”. E forse, alla fine, è proprio di questo che si tratta: trovare e creare senso in un mondo complesso, incerto e in continua evoluzione. Un’impresa, questa, profondamente e meravigliosamente umana.

Claude Marzo 2025

OSARE: il nuovo libro

Ci sono cascato di nuovo: esce “OSARE – il Senso dell’Impresa”

È con grande piacere che annuncio l’uscita del mio nuovo libro “OSARE – il Senso dell’Impresa”, ora disponibile su Amazon in formato e-book e presto anche in copertina morbida e rigida. Questo lavoro rappresenta il culmine di anni di riflessione, ricerca e pratica nel campo della teoria organizzativa, e mi auguro possa offrire nuove prospettive e spunti di riflessione per chiunque sia interessato a comprendere più a fondo le dinamiche complesse che caratterizzano le organizzazioni contemporanee.

“Ci sono cascato di nuovo” riflette in parte la mia personale traiettoria intellettuale, che mi ha portato a confrontarmi ripetutamente con il fascino e la sfida di provare a decifrare la complessità organizzativa. Ma riflette anche una convinzione più profonda: che l’atto stesso di “cascarci”, di immergersi con curiosità e dedizione in queste tematiche, sia un passaggio necessario per chiunque aspiri a una comprensione non superficiale delle dinamiche che plasmano il nostro mondo.

In “OSARE – il Senso dell’Impresa”, propongo un framework concettuale che cerca di cogliere le organizzazioni nella loro natura sistemica, adattiva e generativa. Attraverso un’analisi dettagliata delle dimensioni costitutive di ogni organizzazione – Obiettivi, Strategie, Azioni, Risorse, Emozioni – il libro offre una mappa per navigare la complessità organizzativa, individuando le leve di intervento più efficaci per promuovere il cambiamento e l’evoluzione.

Ma il vero cuore del libro sta nell’esplorazione del “senso” dell’impresa organizzativa: quella ricerca di significato e di direzione che anima, o dovrebbe animare, ogni sforzo collettivo. In un contesto di crescente complessità e incertezza, la capacità di “generare senso” delle proprie azioni e del proprio ruolo nel sistema più ampio diventa una competenza cruciale per ogni attore organizzativo. È una sfida che richiede non solo strumenti concettuali adeguati, ma anche una disponibilità a mettere in discussione continuamente le proprie cornici interpretative, a “osare” nuove prospettive e modalità di azione.

Attraverso una combinazione di riflessione teorica, casi di studio e indicazioni operative, “OSARE – il Senso dell’Impresa” si propone come una guida per affrontare questa sfida. Non pretende di offrire ricette preconfezionate o soluzioni semplici a problemi complessi, ma piuttosto di fornire al lettore gli strumenti per sviluppare una propria “intelligenza della complessità” organizzativa.

Spero sinceramente che questo libro possa rappresentare per voi, come lo è stato per me, un’occasione di approfondimento, di scoperta e di crescita. Che possa accompagnarvi nel vostro personale viaggio di esplorazione del senso dell’impresa organizzativa, con tutta la fatica, l’entusiasmo e la meraviglia che questo comporta.

Buona lettura

Conversazioni con Claude: il marketing dei talenti

Conversazioni con Claude: il marketing dei talenti 


In un recente dialogo con Claude, l’assistente AI di Anthropic, ho avuto modo di esplorare un tema che sta diventando sempre più cruciale per le organizzazioni moderne: il marketing dei talenti.

La premessa da cui siamo partiti è quanto mai attuale: in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale sta diventando uno strumento universalmente accessibile, creando un sostanziale “livellamento tecnologico” tra le organizzazioni, dove risiede il vero vantaggio competitivo?

La risposta emerge con chiarezza: nella capacità di acquisire, sviluppare e trattenere i talenti migliori. Ma è nel corso della conversazione che si è delineata una prospettiva particolarmente interessante sulla interconnessione tra questi tre aspetti.

L’Academy come asset strategico

Emerge con forza come lo sviluppo del capitale umano, realizzato attraverso una formazione continua e ben strutturata, non sia semplicemente uno dei tre pilastri del marketing dei talenti, ma possa diventare il fulcro di una strategia integrata che impatta positivamente sia sull’attraction che sulla retention.

Il ragionamento è lineare: in un mercato del lavoro dove il comportamento più diffuso è quello di rimanere all’interno di una struttura fino a che si continua ad accrescere il proprio valore professionale, fare del proprio sistema formativo aziendale una Academy prestigiosa diventa un potente strumento di vantaggio competitivo.

Un circolo virtuoso

Questo approccio genera un circolo virtuoso su più livelli:

1. Rafforza l’employer branding, posizionando l’azienda come un centro di eccellenza per la crescita professionale, capace di attrarre non solo giovani talenti in cerca di una prima opportunità, ma anche professionisti di alto livello interessati a un percorso di sviluppo continuo.

2. Trasforma quella che potrebbe essere vista come una criticità – il fatto che la formazione renda i dipendenti più appetibili sul mercato – in un punto di forza: se l’azienda viene riconosciuta come un polo formativo d’eccellenza, i talenti potrebbero scegliere di rimanere proprio per continuare il loro percorso di crescita.

3. Permette di allineare lo sviluppo delle competenze alle reali necessità dell’organizzazione, creando quel ponte essenziale tra formazione teorica e applicazione pratica che massimizza il valore sia per l’azienda che per il dipendente.

Una nuova prospettiva

Questa conversazione ha evidenziato come, nell’era dell’intelligenza artificiale, il vero vantaggio competitivo non risieda tanto negli strumenti tecnologici in sé – sempre più accessibili e standardizzati – quanto nella capacità di creare un ambiente organizzativo che attragga, sviluppi e trattenga i migliori talenti.

In questo contesto, l’idea di trasformare il sistema formativo aziendale in una vera e propria Academy rappresenta non solo una risposta tattica alle sfide del presente, ma una visione strategica per il futuro, capace di generare un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo.

La sfida per le organizzazioni diventa quindi quella di ripensare i propri sistemi formativi non più come semplici strumenti di aggiornamento professionale, ma come veri e propri asset strategici, fondamentali per il successo nel lungo termine.

Un viaggio nel gusto: l’Enoteca Gastronomia di Gino Corapi a Soverato

L’articoletto fa parte delle mie pagine Flaneur: ci si trovano alcuni dei libri che ho letto, dei dischi che ho amato, dei cibi, dei vini, dei luoghi che mi piacciono: nessuno mi paga né mi regala nulla per farlo, è solo qualcosa che, come dice il marchietto mutuato dalla dedica della vecchia e oramai da tempo venduta casa di famiglia, ho scelto per me e per i miei amici preferiti.


Un viaggio nel gusto: l’Enoteca Gastronomia di Gino Corapi a Soverato

L’Enoteca Gastronomia di Gino Corapi, sta in Via S. Giovanni Bosco, 36 a Soverato (CZ), ed è molto più di un semplice negozio. È un luogo dove la tradizione familiare si intreccia con la passione per il buon cibo e il vino, creando un’esperienza unica per i palati più esigenti. Per me un luogo dell’anima.
Fin da bambino, ricordo con affetto le mie visite al nonno dell’attuale generazione, quando andavamo a pesca di notte con mio padre e gli amici Passafaro. Quello era il posto dove ci rifornivamo di monumentali panini con capocollo, provola e melanzane sottolio, capaci di sostenere una flotta, non solo noi quattro sulla Lazzarella. Di quel negozio ricordo l’accoglienza calorosa, la storia narrata di tutto quello che metteva nelle pitte, il pane a ciambella perfetto per i panini (e per ospitare sua maestà il Morsello, ma questa è un’altra storia, come direbbe Kipling) raccontava la profonda conoscenza del prodotto e la cura nel selezionare solo le eccellenze. Oggi, la stessa atmosfera e la medesima dedizione si respirano nell’attività gestita dai suoi eredi.

L’Enoteca è un vero e proprio scrigno del gusto. La proposta enogastronomica si distingue per la sua qualità impeccabile, frutto di una selezione attenta e scrupolosa. Vino pregiato, prodotti tipici locali e specialità gourmet provenienti da ogni angolo d’Italia sono capaci di offrire grandi soddisfazioni al mio palato, direi una certa gioia, perfino.

La cortesia e la passione che contraddistinguono il team del negozio sono il vero punto di forza.

Ogni cliente viene accolto come un amico, ricevendo consigli personalizzati e informazioni dettagliate su ogni prodotto, dalla storia del vino alla provenienza del formaggio e dei fantastici salumi.

L’Enoteca Gastronomia di Gino Corapi non è solo un punto di riferimento per gli amanti del buon cibo, ma un vero e proprio luogo di incontro, dove la tradizione si sposa con l’innovazione, la qualità con la passione e l’amore per il gusto con la cura per il cliente, un posto dove scoprire nuove eccellenze enogastronomiche e lasciarsi guidare dalla passione di chi ama il proprio lavoro.

Per questo ho scelto l’Enoteca Gastronomia Gino Corapi per me e per i miei amici più cari:

Guido Silipo, sibi et selectis amicis, elexit.

Marco Schiavo, maestro della grappa

L’articoletto fa parte delle mie pagine Flaneur: ci si trovano alcuni dei libri che ho letto, dei dischi che ho amato, dei cibi, dei vini, dei luoghi che mi piacciono: nessuno mi paga né mi regala nulla per farlo, è solo qualcosa che, come dice il marchietto mutuato dalla dedica della vecchia e oramai da tempo venduta casa di famiglia, ho scelto per me e per i miei amici preferiti.


Un’altra

eccellenza con cui ho la fortuna di essere entrato in contatto: la Grappa Schiavo.

Da quando la grappa è diventata “nobile” e amata anche all’estero, sono migliaia le distillerie che si sono cimentate, talvolta con risultati anche interessanti, anche senza sapienze pregresse.

La Grappa Schiavo è questione diversa, parliamo di una famiglia che ha cominciato a produrre grappa dal 1669 a Costabissara (prima provincia, oggi praticamente un sobborgo di Vicenza), trasferendo saperi e esperienze di padre in figlio, da allora.

Può darsi che abbiate visto la distilleria, perché è stata utilizzata come location in una fiction della RAI intitolata “di

la distilleria Schiavo
Padre in Figlia”, qualche anno fa: un edificio pieno di fascino, credo fra i più antichi della Costa (come chiamiamo Costabissara noi abituée).

La prima grappa Schiavo che ho assaggiato, nel 1984, era popolare, una roba da bere al bar o da usare per correggere il caffè, ma già pronta per giocare in un campionato diverso: profumata, di gusto raffinato, rotonda, prima ancora di assumere una identità e di chiamarsi “la Quaranta” era un prodotto fantastico.

La produceva un cugino di mia moglie, Giuseppe “Beppe” Schiavo, una delle persone più gentili che abbia mai conosciuto, e la assaggiai per la prima volta in coda a un meraviglioso pasto a base di Bigoli con l‘Anatra che aveva attentato alla mia giovanile corporatura da atleta nel ristorante di Romeo Benetti, che credo fosse cugino, oltre che omonimo, del terribilissimo terzino, ma caratterizzato da grande bonomia sin dall’aspetto e titolare di una locanda meta dei gourmet più avveduti, oggi gestita dalla moglie Giannina e dai figli Fabio e Federico.

Quell’assaggio è stato l’inizio di un amore che ancora oggi non smette.

Nel frattempo Beppe ci ha purtroppo improvvisamente lasciati e il suo posto alla guida dell’azienda e della distilleria è stato preso dall’allora giovanissimo figlio Marco.

La Grappa Schiavo è di una famiglia che ha cominciato a produrne dal 1669 a Costabissara (Vi), passando di padre in figlio, da allora.

Marco, che è dotato di non comune genio imprenditoriale unito a un contagioso entusiasmo e a una simpatia clamorosa, ha inventato una quantità di grappe diverse, monovitigno, blended, ricette originali e tradizioni di famiglia rivisitate (impossibile non citare la sua Òniro, splendido fine cena che i miei ospiti hanno conosciuto e amato con grande trasporto, ma anche El Cào, la Old’S, laProibita…), liquori da cocktail, almeno un bitter straordinario (Gagliardo, poi Gajardo) e tanto altro.

Produce anche deliziosi prosecchi, nella zona di Valdobbiadene: un brut già molto buono e un extra dry di quelli che, se ci fai un aperitivo, ne bevi un secchio senza rendertene conto, da quanto è delizioso.

Per questo ho scelto la Grappa Schiavo per me e per i miei amici più cari:

Guido Silipo, sibi et selectis amicis, elexit.

Cirò e Soppressata, la mia madelaine

L’articoletto fa parte delle mie pagine Flaneur: ci si trovano alcuni dei libri che ho letto, dei dischi che ho amato, dei cibi, dei vini, dei luoghi che mi piacciono: nessuno mi paga né mi regala nulla per farlo, è solo qualcosa che, come dice il marchietto mutuato dalla dedica della vecchia e oramai da tempo venduta casa di famiglia, ho scelto per me e per i miei amici preferiti.


La mia famiglia, dalla parte della nonna paterna, ha alle spalle qualche secolo di produzione di vino e olio, in Calabria, esattamente a Davoli (CZ).

Guido Silipo, sibi et selectis amicis, elexit.

In realtà abbiamo smesso negli anni 90 del secolo scorso di farne, perché nessuno di noi poteva occuparsene e perché “il segreto” per cui mia nonna si chiudeva a discutere col mosto nel palmento è purtroppo andato via con lei.

Mi è rimasta nelle papille la memoria di quel gaglioppo vinificato in purezza, rosé perché mia nonna non amava lasciare troppo le vinacce a macerare, che forse era buonissimo davvero e forse no, ma che nella mia mente scatena ricordi e sensazioni di delizie e meraviglie senza pari di quando, ragazzino, mi lasciavano assaggiare appena un dito di quel nettare forte e dal sapore così caldo.

E sono pronto per un salto indietro nella memoria da far impallidire Proust (d’altra parte una madeleine, per quanto buona, non potrebbe stare al passo neanche per un momento), se a questo si associa il ricordo del sapore della

soppressate di Gualtiero Procopio
soppressata “di casa”, quella che ci portavano gli amatissimi amici Maria e Pasquale, quella di Mosè e Marantona (credo Maria Antonia, ma non l’ho mai veramente saputo) e della loro meravigliosa famiglia.

Da quella famiglia ancora mi capita di assaggiarne di formidabili, realizzate dalla figlia Franca, dal nipote Pino, mio compagno di giochi da sempre, dagli altri discendenti, fra cui molti formidabili cuochi e ristoratori.

La soppressata è la Rolls-Royce dei salumi nostrani: nel passato, a causa delle temperature poco adatte, non era possibile ottenere prosciutti ben stagionati, così le parti più nobili della coscia del maiale erano utilizzate per creare quell’impasto delizioso, speziato e piccante, a pezzi tagliati al coltello, che tutti conoscete.

Fra le soppressate acquistabili, il maestro assoluto dell’arte del loro confezionamento è un altro caro amico che conosco dall’infanzia: Gualtiero Procopio.

Lui e il fratello Mimmo, oggi purtroppo scomparso, hanno iniziato giovanissimi come garzoni di bottega, imparando davvero tutto ciò che si deve sapere sulle carni e il loro trattamento. Poi Mimmo aprì la macelleria a Davoli Marina e Gualtiero a Davoli Superiore (dove era anche un valente musicista nella banda cittadina) ambedue servendo carni perfettamente tagliate di allevatori locali e creando delizie inarrivabili nel campo della salumeria (Macelleria di Gualtiero Procopio).

La mia sorpresa è stata grande quando, insieme a una meravigliosa soppressata di Gualtiero ho stappato una bottiglia del Cirò Rosato prodotto dai fratelli Cerminara, fra i più interessanti esponenti della “Cirò Revolution“, per l’appunto a Cirò in provincia di Crotone (Cerminara Vini): devo ammettere una certa


commozione nel ritrovarmi ragazzino con quei sapori e con quelle sensazioni.

La differenza, rispetto al vino della nonna (che comunque credo fosse buono per davvero, anche senza l’amore a far velo) è che stavolta lo so, le mie papille sono più mature ed “educate” a dovere: quel vino è proprio buono e con quella soppressata mi rende felicissimo.

Per questo ho scelto la soppressata di Gualtiero e i vini dei Cerminara per me e per i miei amici più cari:

Guido Silipo, sibi et selectis amicis, elexit.

Team creativi potenti a Genova

 

Sabato 18 marzo 2023 avrò l’onore di condurre una Officina riguardante la creatività dei gruppi presso l’Accademia Ligustrica di Belle Arti di Genova.

Sono molto emozionato all’idea di andare a parlare di come nutrire le potenzialità creative nel lavoro di gruppo con un gruppo di persone che all’essere creativi hanno dedicato la propria vita, in una istituzione che della creatività fa la propria ragione di esistere.

Grazie al mio carissimo amico Mario Benvenuto sabato sarà una giornata formidabile.

 

 

Bruce Ditmas’ Cubist Dream

BRUCE DITMAS’ CUBIST DREAM BAND

You Tube Channel

 

Photo by Salvo Di Pietro

Bruce Ditmas è un protagonista assoluto della storia del jazz, che avrete ascoltato con Ira Sullivan, Judy Garland, Barbra Streisand, Gil Evans, Enrico Rava, Paul Bley, Lee Konitz, Jaco Pastorius, Pat Metheny, Chet Baker, Stan Getz, solo per citarne alcuni, e propone un “dream team” formato da Carlo Conti, Antonio Jasevoli, Angelo Olivieri, Lewis Saccocci, Sandro Satta, Guido Silipo, Marco Siniscalco.

Grazie a una coraggiosa intuizione di Eugenio Rubei nella stagione 2018/19 la Bruce Ditmas Monday Orchestra ha suonato all’Alexanderplatz, il più longevo e blasonato jazz club a Roma, ben tredici volte : una continuità che ha consentito alla band di esplorare e consolidare un sound personalissimo, incredibilmente potente e eccitante.

Con questo progetto l’Alexanderplatz ha voluto rinnovare la tradizione newyorkese delle home band del lunedì proponendo come band leader Bruce Ditmas, componente storico dell’Orchestra di Gil Evans nel periodo in cui era la Monday Night Band al Village Vanguard e poi allo Sweet Basil.

Durante la scorsa stagione con la Bruce Ditmas’ Monday Orchestra si sono esibiti come ospiti, per una serata ognuno, Carla Marcotulli, Ronald Seguin, Lorenzo Feliciati e Antonello Salis.

Il progetto di quest’anno della BDMO si intitola “Cubist Dream” (che è anche l’anagramma del nome del leader) e ha esordito con una serata dedicata alle musiche di Gregory Burk, che ha partecipato come conduttore e tastierista, e con la splendida voce di Carla Marcotulli.

Sempre all’Alexanderplatz, nelle date

28 ottobre
25 novembre
9 dicembre
2019
13 gennaio
27 gennaio
17 febbraio
2 marzo
23 marzo
13 aprile
27 aprile
2020

CONTATTI E BOOKING

 

Bruce Ditmas Monday Orchestra 3

Roma- Alexanderplatz Jazz Club 3 dicembre 2018

E’ cambiata la prospettiva stasera. Quando ti siedi di fronte a loro, guardando l’ingresso, attraverso il vetro, scorgi già scarabocchi sui muri e luce diversa. Non si capisce bene se hanno già cominciato a suonare o se sgranchiscono gli strumenti e basta… Allora lo sguardo scruta le persone presenti, “quelli sono attori”, “hai visto il ragazzo con il codino e i colori?”, un bicchiere di Etna rosso fa il resto.
Frastuono.
L’inizio, un frastuono infernale, tuono che erompe, stasera suono psichedelico, perdizione, trasgressione, tradizione del “buon ritmo”, rallenta, cessa, si risolleva, aumenta, si definisce nel tintinnio, poi solenne come a una cerimonia dei soldati, dolcemente scema curvando, s’impenna e scema di nuovo, fino all’acuto che istiga la batteria, ed una fine lenta e inesorabile che prelude al cambio di passo per tintinnare di nuovo verso il tramonto.
Statua.
Di fronte ai musici, una statua di carne, a fronte adornata, immobile e movente, si inchina regale, accarezza la scacchiera sinuosa e silenziosa, il pittore indugia e scolpisce immerso e guidato dal suono, luce verde, tra il soffuso, un cavalluccio marino, a destra in estensione.
Sacerdotessa.
La sacerdotessa ora guida lei, evoca i suoni acuti, c’è un dialogo di note in gioco, silenzioso e matematico, come a dirimere frasi e assoli e l’incalzare ha di nuovo inizio. La sordina alla tromba morbida accompagna. La sacerdotessa muove le sue colonne, la sinistra ora è la struttura della serata, ossa e derivati per accompagnare la libertà.
Brio, la parola ora è brio, che affiora ascoltando l’aria che diventa frizzante.
E’ il regno delle tastiere, nel suono ritmato e ossessivamente ripetuto, lo stesso medesimo, fin quando non trovano insieme un guizzo per arricchire, svirgolare e allora via in cambiamento continuo.
Schiena.
Ora la musica volge alla costruzione della scultura viva, dopo le fondamenta, e nascono dalle mani sonore ghirigori colorati sull’alta schiena, forse a intravedersi un ragno sacro, o il sole, chissà…Improvvisazione pura anche nel dipinto suggestivo del fuoco che erompe sopra l’addome e si alza in raggi verdi, il metallo accompagna e regna insieme.
Applausi.
Finisce così, Rasputin, poggiato in fondo, silenzioso e possente nella presenza, va a ritmo con se stesso, ammicca al plettro che non c’è, si accorda e la distanza è annullata balzando e saltellando. Sound in the darkness.
Lettere. 
Ora è il turno delle firme. Vivono, si muovono. Come è possibile? Risuonano i muri e le lettere, che hanno memoria del ritmo che ha loro regalato Bruce, ballano insieme. Le B si gonfiano, come nei cartoni animati, le G esplodono, le M salgono e scendono, le A eruttano, le T in diagonale corrono, le S si liberano, e così via.
Jazz.
Mi chiedono al tavolo dove sono seduta “Ma tu ti intendi di jazz?” … Lenta la mia risposta “No, credo solo di saper descrivere i fenomeni…” mi sento rispondere. 

Il jazz ti connette con te stesso e con gli altri, è un segnale potente che ti inchioda al qui ed ora, ti tiene e ti contiene fluidamente, il jazz è eraclitiano, è panta rei
Tutto scorre, tutto fa scorrere. “Mamma come faccio a capire in quale direzione prendere l’autobus per andare al Virgilio?” “Segui il fiume controcorrente” “Ma questa è un’indicazione Sioux!”. Il Virgilio, una destinazione centripeta, Dante, Battiato che cerca un centro di gravità permanente e i Sioux: neofiti del Jazz.

Al 10 dicembre

Stefania Ratini

la Consulenza Strategica Fertile

Descrizione del processo di consulenza strategica che Fertile realizza per il più alto livello decisionale delle organizzazioni

  • in sei giornate complessive,
  • con un top team dedicato di quattro consulenti 

 

Output:

  • Documento descrittivo dello stato dell’arte con le mappe OSARE® dell’organizzazione a livello generale, amministrativo/finanziario, produttivo, commerciale;
  • Analisi  del mercato di riferimento con posizionamenti SWOT;
  • Ipotesi di scenario delle strategie identificate per realizzare gli obiettivi scelti dal committente;
  • Progetto operativo delle azioni necessarie

 

 

https://www.slideshare.net/guidosilipo/la-consulenza-strategica-fertile-108609279